Stai diventando folle? O ti stanno manipolando?
A proposito di amori tossici e di relazioni tossiche in generale, si parla sempre più spesso di gaslighting. Una parola curiosa, che in realtà nasconde una forma di manipolazione mentale crudele e distruttiva. Ecco, in breve, di cosa si tratta.
Da cosa nasce
L’etimologia del termine deriva da Gaslight, una piece teatrale del 1938, dall’autore Patrick Hamilton. Narra di un marito che cerca di far impazzire la moglie cambiando piccoli particolari dell’ambiente circostante, per esempio abbassando le luci delle lampade a gas. Quando la moglie si accorge che qualcosa è cambiato, che una finestra aperta adesso è chiusa, che una lampada fioca adesso è vivida, il marito le fa credere che non è vero e che lei ricorda male.
Dalla piece al film
Nel famoso film Gaslight, tratto dall’opera di Hamilton, Charles Boyer (il marito) manipola la realtà di Ingrid Bergman (la moglie) mettendo in atto una serie di subdoli atti ingannevoli (per esempio nasconde dei gioielli preziosi, la accusa di averli rubati e poi glieli mette furtivamente nella borsa).
Una delle strategie più importanti che Boyer utilizza è appunto quella di abbassare e ravvivare le luci a gas, dicendo alla Bergman che il cambiamento di luce è tutto nella sua testa. Non contento, la isola sempre di più e avverte gli amici della sua instabilità mentale. Alla fine, inevitabilmente, lei diventerà sempre più confusa e arriverà al punto di credere di essere impazzita.
Cosa è il gaslighting in psicologia
Il gaslighting è quindi una tattica di potere dannoso in cui il gaslighter cerca di indurre in qualcuno la sensazione che le proprie reazioni, percezioni, ricordi e convinzioni non solo siano sbagliate, ma del tutto prive di fondamento. Insomma: così infondate da poter essere definite “da pazzi”. (Abramson, 2014). le vittime, come nel testo teatrale di Hamilton, diventano sempre più confuse e scoraggiate.
“Ricordi male!”, “Non ho mai ricevuto quella telefonata!”, “Siamo solo amici!”, “Non ingigantire le cose!”… Bombardata da tante affermazioni che negano la realtà, la vittima dapprima cerca di difendere il proprio punto di vista, rivendicando la veridicità delle proprie percezioni, ma poi inevitabilmente cede all’insistenza e al finto sbigottimento di chi sta praticando il gaslighting, finendo in un baratro di dissonanza cognitiva nel quale non riesce più a distinguere il falso dal vero, né a fidarsi delle proprie percezioni e dei propri ricordi.
Perchè i gaslighters agiscono così?
La manipolazione mentale attuata attraverso il gaslighting ha chiari scopi di conquista del potere in una relazione. Creando il caos, i gaslighters detengono tutto il potere, mentre le loro vittime diventano sempre più insicure.
In alcuni casi può essere una tattica per screditare l’altro, eludere le prove a sostegno della testimonianza della vittima ed etichettarla come una persona con disabilità psicologica o cognitiva (Stark, 2019): “Non è vero che lo stavo baciando, sei tu che pensi sempre male!”
Affermazioni utilizzate dai gaslighters sono: “Sei troppo sensibile e suggestionabile”, “Sei pazzo”, “Non essere pesante”, “Hai bisogno di aiuto” e “Stavo solo scherzando”.
Una tecnica di oppressione
Le tecniche di gaslighting sono spesso fondate su disuguaglianze sociali, nelle quali gli stereotipi vengono utilizzati come un modo per attaccare vulnerabilità specifiche (Sweet, 2019). Ad esempio, un uomo potrebbe dire alla sua partner, turbata dalle sue manipolazioni: “Te la prendi troppo! Voi donne siete così emotive!”
Riferimenti bibliografici
Abramson, K. 2014. “Turning Up the Lights on Gaslighting.” Philosophical Perspectives 28, Ethics: 1–30. Stark, C. (2019). Gaslighting, misogyny, and psychological oppression. The Monist, 1022, 221–235. Sweet, P. (2019). The sociology of gaslighting. American Sociological Review, 1–25.
0 commenti