Cosa succede se si nasce in un contesto povero di stimoli? Se il distanziamento sociale è una costante di tutti i giorni e il contatto con i pari è ridotto al minimo? In questi due anni di pandemia, i neonati dati alla luce nei primi mesi del 2020 sono cresciuti in un mondo sicuramente diverso da quello a cui tutti siamo stati abituati. I primi anni di vita sono importanti per determinare un sano e solido sviluppo delle capacità cognitive e non solo. Quali effetti hanno avuto le restrizioni pandemiche sui più piccoli?
In questi due anni di pandemia abbiamo tutti cambiato le nostre abitudini quotidiane. Il lavoro in ufficio è diventato lavoro da casa, le cene con gli amici si sono trasformate in incontri via web. Tra i più colpiti dai cambiamenti pandemici troviamo i bambini e i giovani adolescenti, costretti alla didattica a distanza e al severo lockdown.
Alcuni autori hanno diretto lo sguardo verso i più piccoli, coloro che apparentemente sembrano non aver percepito i drastici cambiamenti dettati dalla pandemia. In uno studio longitudinale condotto negli Stati Uniti da S.C. Deoni et al. è stato indagato lo sviluppo cognitivo, motorio e verbale nei bambini nella prima infanzia. I dati riguardanti i soggetti di età compresa tra tre mesi e tre anni, nati negli anni 2020/2021, sono stati confrontati con i risultati della coorte precedente (2011-2019).
Quello che è emerso da questo studio è una diminuzione significativa delle abilità cognitive nel complesso. Il decremento ha riguardato in generale i bambini nati in questo periodo pandemico, indipendentemente dal fatto che siano stati colpiti dall’infezione da Covid-19 o meno. I soggetti più colpiti sembrano essere i maschi appartenenti alle famiglie che vivono in condizioni socioeconomiche più complesse.
Gli effetti delle restrizioni sui bambini
Non è difficile immaginare il motivo di tale risultato. I bambini nati in questo periodo storico, alle prese con mascherine e distanziamento sociale, sono esposti a un numero molto ridotto di stimoli ambientali, che consentono un ricco e rapido sviluppo. Giocare al parco con i coetanei, interagire con persone diverse dai genitori rappresentano tutte ricchezze importanti per un bambino in pieno sviluppo. I bambini appartenenti alla generazione Covid hanno limitato alle pareti di casa anche il gioco e l’esplorazione . Non tutte le famiglie poi dispongono di abitazioni grandi e piene di giocattoli, in alcuni casi gli stimoli a cui sono sottoposti i bambini sono perciò davvero minimi.
la questione risulta preoccupante soprattutto per il benessere dei bambini che appartengono a famiglie con più basso reddito economico. Il livello d’istruzione è, infatti, notevolmente diminuita in età scolare e il divario aumenta ancora di più per i bambini che fanno parte delle famiglie meno istruite.
Stress in famiglia e in gravidanza
Non è da sottovalutare lo stress a cui sono state sottoposte le famiglie, che si è ripercosso sulla salute degli stessi bambini. Preoccupazioni lavorative e per la salute dei propri cari ha fatto sì che i genitori si chiudessero sempre più in casa, limitando i momenti di svago dei bambini all’esterno, anche laddove possibile. Inoltre, si pensa che il livello di stress provato dalla madre in gravidanza giochi un ruolo fondamentale anche nello sviluppo del cervello del feto. Bambini nati da una madre che aveva sofferto di ansia e stress nel periodo prenatale, mostravano alla nascita differenti connessioni cerebrali. In particolare le regioni più colpite risultano essere l’amigdala, responsabile della regolazione delle emozioni, e la corteccia prefrontale.
L’effetto delle mascherine
Diversamente da quello che si potrebbe pensare, le mascherine non interferiscono con il normale sviluppo linguistico dei bambini. Anche se le persone che dialogano con loro hanno metà volto coperto, i bambini di due anni riescono comunque a percepire in maniera corretta tutte le parole. Studi passati avevano già dimostrato come bambini che si interfacciavano con i genitori, preferivano un volto sorridente ed empatico, piuttosto che uno neutro e disinteressato. Volti neutri turbavano parecchio i soggetti. Questo non succede nei bambini che dialogano con persone che indossano la mascherina; i soggetti continuavano ad interagire in maniera naturale, percependo comunque la vicinanza e l’affetto.
Cosa ci aspettiamo dal futuro
Lasciano ben sperare tutti quegli studi condotti sui bambini residenti in orfanotrofi, sebbene una pandemia rappresenta una situazione molto diversa. Anche i bambini negli orfanotrofi hanno registrato un livello più basso di capacità cognitive e una più alta probabilità di soffrire di disturbi psichiatrici rispetto ai coetanei che vivevano in famiglie. Disparità che andava ad assottigliarsi, riducendosi del tutto, qual ora i bambini fossero stati adottati prima dei due anni e mezzo d’età. Pertanto, si pensa che anche i più piccoli, esposti fin dalla nascita alle restrizioni pandemiche, una volta concluso il pericolo, potranno rimediare alle loro difficoltà.
Rimane da puntualizzare il fatto che è ancora troppo presto per trarre conclusioni. I campioni sperimentali che si sono presentati come soggetti in questi anni di pandemia potrebbero non essere rappresentativi dell’intera popolazione. Inoltre, le cautele di distanziamento sociale e dell’uso della mascherina potrebbero aver influenzato i risultati degli studi.
Nel complesso, gli studiosi confidano nella plasticità cerebrale del cervello umano nei primi anni di vita. Ipotizzano che la maggior parte dei bambini sarà in ottime condizioni, nonostante la pandemia. Mentre risulta di fondamentale importanza pensare a come intervenire in maniera efficacie e tempestiva su quei bambini meno fortunati.
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Bibliografia
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.08.10.21261846v1.full-text
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